Dalle Città d’ Arte al Turismo Urbano.
Goodbye Città d’Arte ! Non è l’amara constatazione della monentanea assenza di turisti, ma la speranza di un’ approccio diverso, quando torneranno.
L’ emergenza del COVID- 19 sta sortendo effetti positivi per le statistiche del turismo. Scelte che già da tempo erano auspicabili sono diventate realtà.
Se l’ adozione dei nuovi canali informativi da parte di Banca d’ Italia al momento non sembra aver sortito alcun effetto, la nuova classificazione turistica dei comuni di ISTAT promette bene.
In base al disposto del decreto rilancio ISTAT ha definito una classificazione delle attività economiche con riferimento alle aree ad alta densità turistica, al fine di consentire l’accesso a misure di sostegno mirate in favore delle imprese dei settori del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive colpite dalla prolungata riduzione dei flussi di turisti.
Due i principali aspetti basati su indicatori statistici comunali, criteri geografici / antropici e numero di presenze che hanno prodotto 4 cluster di comuni. Si passa dal vecchio concetto di località , spesso definito solo su coordinate geografiche o rimesso al grado di solerzia di amministratori locali, a quello di comuni “a vocazione”.
Un decisivo progresso per comprendere meglio i flussi turistici e rimediare alle gravi carenze della vecchia classificazione che avevamo evidenziato in questa nostra analisi di due anni fa.
Le Città d’ Arte sono morte .. Viva le Città Turistiche !
Non esiste più la storica definizione . La novità più rilevante è l’ introduzione della categoria Grandi Città ( Torino, Milano, Genova, Venezia, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Catania) con turismo multidimensionale. Un concetto non meglio definito nelle note metodologiche, ma che sembra finalmente considerare l’universo dei tanti turismi come quello per affari, eventi , motivi di salute , VFR, shopping o studi, che da sempre si sommano a quello culturale o di puro svago.
La componente culturale è importante per città come Roma o Firenze, molto meno per altre come Genova o Bari, o Torino dove per esempio la Juventus gioca un ruolo fondamentale per l’ attrattività turistica della città. In realtà si può parlare di turismo muldimensionale anche per tante medio piccole città.
Anche tra i viaggi di puro piacere il segmento dei city break è quello che più è cresciuto in Europa negli ultimi vent’anni e con certezza uno dei più remunerativi per le destinazioni. Molto di più di quello dei cammini.
La vecchia e la nuova geografia turistica del Bel Paese.
Il confronto in base al numero delle presenze turistiche attribuite alle rispettive categorie stravolge le storiche gerarchie, costruite su tutto meno che su basi statistiche, e restituisce una fotografia ben più rispondente alla realtà.
La scelta di distinguere tra comuni marini e montani con la sola vocazione specifica e quelli frequentati dai turisti anche per altre motivazioni è più che sensata , visto che i viaggi sono quasi sempre frutto di più motivazioni congiunte. Ed ovviamente non poteva che vincere la combinazione mare più cultura, arte , storia e paesaggio.
Non sono più identificate le località religiose e quelle collinari , che incluivano anche la vaga definizione “ e d’interesse vario”, mentre turismo lacuale , termale , ma anche quello montano, ne escono sensibilmente ridimensionati.
Il nuovo ordinamento esalta la grande potenzialità turistica del Paese : solo il 21,5 % dei comuni è considerato non turistico , mentre in passato il 65 % delle località, pur con l’ attribuzione di 62 milioni di presenze, non era classificato.
Cavallino Tre Porti non è più una città d’ arte, ma una località marittima. Stintino non è più una località collinare, e viene resa giustizia a molte perle del turismo italiano come Matera, Caserta, Civita di Bagnoregio od Alba che tristemente risultavano appunto tra i comuni non altrimenti classificabili .
Il tutto è basato su una ben articolata e solida metodologia, illustrata nelle note dove si trovano anche tutti i dati per regioni. Un sistema che ovviamente può essere migliorato ( es. vocazione enogastronomica ?) e che ha bisogno di qualche aggiornamento ( la “Classificazione relativa alla territorialità delle attività turistico-alberghiere” è ancora quella del 2009).
Unico limite il vincolo delle presenze che non permette di considerare anche gli impatti degli escurisionisti che su fenomeni come l’overtourism , per la misurazione dei quali non si può più fare a meno del ricorso , ma sul serio, ai big data.
Non è chiaro se questa classificazione serva solo per lo scopo previsto o sostituirà la precedente. Sarà interessante seguirne gli sviluppi ed il suo riflesso nelle statistiche, incluse quelle sulla spesa turistica , e negli studi o convegni di settore. Probabilmente la denominazione Città d’ Arte, così radicata nella sua accezione comune, sopravviverà , ma guru e pasdaran del turismo culturale non potranno più usare tout court i vecchi dati delle presenze per esaltarne l’ importanza.
Verso un Manifesto per il Turismo Urbano in Italia.
I tempi sono più che maturi. La grave crisi scaturita dalla pandemia ha dimostrato che molte città italiane , anche se i loro monumenti famosi sono sempre al loro posto come da secoli , soffrono della mancanza non solo dei turisti stranieri, ma anche di quelli nazionali, degli escursionisti e dei pendolari. Oltre che ai musei è necessario pensare ai trasporti, ai servizi, ai parcheggi, alle aree verdi , ma anche alla vita notturna od all’ Università . Tutto quello che fa bene ai residenti prima che ai turisti.
Per promuovere il turismo in Italia , oltre ai direttori dei musei od ai tracciatori dei tanti (troppi) cammini , servono urbanisti, architetti, sociologhi , ma anche gestori di discoteche o centri commerciali. Serve sopratutto gente che sappia cosa i turisti cercano davvero al di là di tante elucubrazioni basate su cosa sarebbe bello più che sulla realtà.
La novità di ISTAT è uno stimolo per il riconoscimento del Turismo Urbano, che ancora non trova la dovuta dignità non nell’ Agenda del turismo nostrano.
Oggi è la Giornata Mondiale del Turismo e la UNWTO la festeggia parlando di Turismo Rurale. A noi , consapevoli di essere in totale controtendenza , piace invece dedicarla proprio al Turismo Urbano usando la definizione data dalla stessa Organizzazione.
Una cosa è certa senza un fattivo contributo dal basso di operatori privati ed associazioni di categoria, spesso allineate al pensiero dominante o vittime di altri interessi prevalenti , è difficile pensare ad una piccola, quanto opportuna rivoluzione.
Basti dire che qualche giorno durante l’ ennesimo convegno sul turismo sostenibile, che ha visto una vasta ed autorevole partecipazione istituzionale si è parlato del potenziale di Roma come maggior comune agricolo d’ Italia (sic!).
Non ci resta che sognare che ad uno di questi prossimi appuntamenti , ci sia qualche libero pensatore disposto a lanciare dal loggione un Manifesto del Turismo Urbano, come un novello Marinetti, non per denigrare il popolo di camerieri d’ albergo, bruciare gondole e musei, o per odiare i turisti , ma al contrario per esaltarne l’ importanza fondamentale per le nostre città.